Nel nuovo numero di Metal Hammer UK è stato dato ampio spazio a Bruce Dickinson e al suo nuovo album The Mandrake Project. Vi riportiamo quindi la traduzione della recensione uscita su quelle pagine:
"Dopo essersi separato dagli Iron Maiden nel 1993, la carriera solista di Bruce ha scalato le vette della creatività arrivando a Chemical Wedding del 1998, un pesante concept album su William Blake che ha rallegrato i fans, a differenza del punto basso toccato dagli Iron Maiden con Virtual XI. Le asce di guerra sono state seppellite da tempo e il focus creativo di Bruce è rimasto incentrato sugli Iron Maiden per quasi 20 anni, assimilando la forza eccentrica della sua personalità ad un'impresa a 12 mani. Liberatasi nuovamente dai democratici pesi e contrappesi, la straordinaria voce di Bruce - in tutti sensi: laringe, personaggio e attitudine - risuona nella produzione serrata e fervida del chitarrista Roy Z. Il cantante raramente è sembrato così determinato, aggressivo e diretto, mentre i suoi sforzi di narrazione e immaginazione di rado hanno raggiunto questi picchi, spingendolo ad arrivare a nuovi livelli di espressività e drammaticità. Come in Chemical Wedding, c'è un potente collegamento in tutto l'album, anche se i temi possono sembrare un po' criptici e astrusi, con significati e sfaccettature che devono essere sbloccate come nuovi livelli nella missione di un gioco.
I videogiochi, piu che i film, possono essere un possibile richiamo agli impulsi da soundtrack dell'album. Rumori atmosferici e crescendo sinfonici che esplodono e si uniscono ad un'oscura e granulosa intensità, facendo virtù delle loro origini sintetiche. Fondamentalmente, queste orchestrate atmosfere sonore composte da diversi strati e questi sofisticati arrangiamenti si contrappongono alla raffiche dirette delle classiche uscite Metal. Pezzi da 90 come Many Doors To Hell, la metallara a tinte gotiche Resurrection Men e la parte non-ballad di Shadow of the Gods spingono ad alzare i pugni con grintosi riff NWOBHM e polposi ritornelli da cantare a squarciagola.
I migliori lavori di Bruce hanno sempre propeso per i toni più pesanti. Tanti pantaloni sono stati sporcati dalla chitarra à la Obituary di King in Crimson (1998) e The Mandrake Project fa del suo meglio aprendo con l'avanzata di Afterglow of Ragnarok, iniziando con un feroce riff che sembra una via di mezzo tra il true Metal degli svedesi Grand Magus e il britannico Death Metal dei Bolt Thrower. Una affascinante sorpresa senza precedenti è il remake di If Eternity Should Fail, qui rinominata Eternity Has Failed. Più corta, più lenta, più pesante e più oscura della canzone che abbiamo ascoltato e amato per nove anni, questa è tecnicamente la sua versione originale, il che fa capire quanto tempo ci è voluto per mettere questo LP insieme. Comunque sia, si tratta di una gran canzone, sicuramente superiore all'originale solo per il fatto di aver sostituito la finta tromba dell'intro con un vero flauto.
The Mandrake Project richiede totale immersione nella sua caleidoscopica composizione sonora. Ci sono diversi richiami alla carriera solista di Bruce che si intrecciano. C'è il facilmente fruibile Hard Rock di Tattooed Mllionaire, l'ambiziosa versatilità di Balls to Picasso, il vivace Prog cosmico di Skunkworks e ovviamente il profondo ed elegante Metal classico che riesce tanto bene a Bruce - con riferimenti lirici a vecchie canzoni che aggiungono atmosfere di coesione e celebrazione. Tecnicamente The Mandrake Project dura un'ora, ma è così pieno di idee che il tempo sembra volare quando lo si ascolta, sembrando comunque un epico viaggio."